domenica 19 settembre 2010

Chiaiano 2.0, la discarica più bella d'Italia approda sul web

Riciclo qua un po' di merda che ho postato su NeroInchiostro, così faccio finta di aumentare le prestazioni del blog come fanno gli ariani d'Europa. Sono scritti male, lo so, amen.
Alcune cose sono sognate ad occhi chiusi, altre ad occhi aperti: siamo là. No, non ho ancora visto Inception, mi spiace. Però i meme che ha originato sono fenomenali. 




Incubo #1: l'orco
La stazione della metro è deserta, a parte un vecchio dietro una colonna, verso le gallerie in cui scompaiono i vagoni.
È basso, tarchiato, pochi capelli bianchi, gli occhiali piccoli e calati sul naso lo fanno sembrare più grasso di quel che è. Abbandona la colonna e fa qualche passo storto in avanti, le bretelle che stropicciano la camicia a maniche corte. Sudo.
Il ronzio cupo di una metro in arrivo mi fa girare, appena in tempo per vederla passare senza fermarsi, e entrare nella galleria con il rumore di un gorgo che si richiude. Le persone sembravano tutte basse dentro. Quando riporto lo sguardo al vecchio, è di nuovo dietro la colonna, ne esce ancora storto. Scuce senza preavviso un ghigno osceno mostrando i denti contornati di nero - sembrano tantissimi - appare sfocato, anche gli occhi sono contornati di nero. Occhi viscidi e acquosi, due bocche di lampreda ciascuna in agguato nel suo acquitrino putrido. Ad un tratto apre la bocca come per parlare, ma non esce una voce da vecchio, escono solo voci acute di bambini sovrapposte e senza senso, strilli, risate, urla angosciate, pianti disperati passati al mixer. Versi di bambini rigurgitano da quel buco schifoso come da un water intasato, mentre il ghigno si tramuta in una risata depravata che riempie l'aria, eccheggia nella stazione, esce dalle prese d'aria, dalle gallerie della metro, dalla mia bocca.  

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Sogno #13
Sotto varie influenze che non ho intenzione di specificare ho fatto il seguente sogno-visione.  Non so se chiamarlo incubo.

C'era un padre con un difficile rapporto con le figlie (3 credo), poche immagini significative che rendevano la sensazione incombente di disastro. Su una di queste visioni il sogno si sofferma, l'inquadratura zooma sul suo volto, il resto scompare inglobato dallo sfondo che diventa nero. Contemporaneamente inizio a sentire una musica che mi si insinua nel cervello, una sorta di raga dalle tinte sessuali e funebri contemporaneamente (?), qualcosa come "If only tonight we could sleep", ma possibilmente ancora più angosciante. Inizia una specie di danza visiva: il volto dell'uomo lentamente implode, le grandi orecchie si avvicinano mentre il resto della faccia si accartoccia su sé stesso verso l'asse di simmetria, le orecchie diventano grandi ali di farfalla blu, con arabeschi d'oro, nero, bianco e rosso. I pigmenti sulle ali compongono una serie di mosaici che raffigurano scene di una vita, osservati da centinaia di piccoli occhi che appaiono e scompaiono (chiudendosi) nello sfondo nero. Non riesco a cogliere il senso complessivo dei mosaici. Seguendo perfettamente la musica - le pulsioni di sesso e morte si fanno insopportabili - la farfalla sbatte le ali a ritmo e il suo corpo si inabissa nel nero, le ali diventano le ante di legno di un portone che si apre verso l'interno, nero più dello sfondo, il portone diventa una bocca morbida e oscena, la bocca viene verso di me e mi INGOIA.

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Incubo #2: il barbiere
Entro nel locale, non c'è nessuno in attesa e nessuno sulle poltrone. Mi siedo direttamente su quelle aspettando il barbiere, tanto ho preso appuntamento. La poltrona è comoda, forse troppo, ci si affonda. L'imbottitura che preme sulla mia pelle è avvolgente, e mi riversa addosso una inaspettata cappa di sonno, sonno cui provo a resistere. Cerco una rivista nel mucchio che occupa un tavolino di legno, ma non ne riconosco nessuna. Non capisco nemmeno di cosa parlino a dire il vero, sembrano non avere un tema, e io non ho voglia di sforzarmi per capire, quindi lascio perdere. Mi siedo di nuovo e fisso il mio riflesso nello specchio, mi concentro sulle mie occhiaie violacee, mezzelune stinte, o forse dei giacigli. Il sonno si impossessa di me senza che io possa opporre alcuna resistenza.

Mi sveglio. Anzi, intimo a me stesso di svegliarmi. Niente. Non vedo nulla.
Comincio a percepire qualcosa, posso dire di essere ancora seduto. Sento i vestiti pesarmi addosso e continuo a non vedere nulla. Forse sono cieco. Forse non mi si aprono più gli occhi.
Un rumore secco e dalla sommità della mia testa cade qualcosa, che va a posarmisi sulle gambe. Un altro rumore secco e qualcos'altro cade dalla mia testa. E ancora, e ancora. Dei sibili leggeri che interpreto come voci.
Zack, qualcosa cade. Dev'essere il rumore di una forbice suppongo. Sono i miei capelli tagliati che cadono, vuol dire che sono sotto le sue forbici. Zack. Il cazzone non mi ha nemmeno chiesto che taglio voglio, come cazzo gli viene in mente di cominciare di sua iniziativa? Zack. Devo aprire la bocca e dirglielo, se solo trovo la forza di svegliarmi me la paga. Lo ammazzo. Zack. Zack.
Zack.
Crack.
Crack.
Confusione. Non è il rumore di una forbice. Crack. Mi stanno tagliando i capelli, no? Crack.
Improvvisamente capisco. Non ho bisogno di aprire gli occhi, ma capisco. Mi stanno sgretolando. Sono una torreggiante statua di marmo e piccoli esseri mi stanno sgretolando dalla sommità. Poco alla volta le schegge mi precipitano sul grave panneggio, pochi millimetri alla volta mi abbassano, vengo eroso. I piccoli scalpelli incidono la mia carne di pietra e mi rompono, un pezzo alla volta, una scheggia dietro l'altra, aprono crepe e vi si infiltrano martellando come pazzi. Pezzi più grossi si staccano da me e si infrangono a terra, l'irreversibilità del processo è lacerante. Il cervello in preda alle convulsioni invia a un corpo immobile ordini di spasmi muscolari, di produrre adrenalina, di spalancare la bocca, ma non succede nulla.

-§-


Ah dimenticavo: questa era la colonna sonora. Troppo tardi.

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