domenica 6 ottobre 2013

Storia segreta della terza guerra mondiale

Volevo scrivere altri pezzi sulla comunicazione in Italia riguardo alla politica, specialmente nel riguardo del ruolo dei media e del grottesco cui assisto ogni giorno. Poi ho riletto Ballard e beh faccio prima a copiarvelo.
Non so se questo sia il migliore pezzo di satira politica mai scritto o cosa. Forse anche si.

Storia segreta della terza guerra mondiale

di James G. Ballard 

Adesso che la Terza guerra mondiale è finita, e la sicurezza regna sovrana, mi sento autorizzato a esprimere la mia opinione su due importanti aspetti di questa terribile faccenda. La prima osservazione è questa: il confronto nucleare, che il mondo ha atteso e temuto così a lungo e che, tutti ne erano convinti, avrebbe dovuto distruggere ogni forma di vita sul nostro pianeta, è durato in realtà quattro minuti scarsi. Per quanto ciò possa sorprendere i lettori, la Terza guerra mondiale ha avuto luogo fra le 18.47 e le 18.51 ora standard orientale del 27 gennaio 1995. La durata complessiva delle ostilità, dalla dichiarazione formale di guerra del presidente Reagan, al lancio di cinque missili nucleari da sottomarini (tre americani e due russi), fino ai primi sondaggi di pace e poi all'armistizio concordato tra il presidente e il signor Gorbaciov, non ha richiesto più di 245 secondi. La Terza guerra mondiale era già finita prima che qualcuno avesse il tempo di capire che era cominciata.


La seconda eccezionale caratteristica della Terza guerra mondiale è che io sono praticamente l'unica persona al mondo a sapere che essa ha avuto luogo. Può sembrare strano che un pediatra della piccola città di Arlington, a pochi chilometri a est di Washington D.C., sia l'unico a essere al corrente di un evento storico di questa portata. Dopo tutto, le notizie sull'aggravamento della crisi politica, la sofferta dichiarazione di guerra del presidente, e il conseguente scambio di missili nucleari, sono tutti fatti che il pubblico ha potuto conoscere grazie alle trasmissioni televisive diffuse in tutta la nazione. La Terza guerra mondiale non è stata un segreto. Ma l'attenzione della gente era rivolta a questioni più importanti. Nella sua ossessiva preoccupazione per la salute del proprio vertice politico, il pubblico è riuscito a ignorare come per miracolo una minaccia ben più consistente al proprio benessere.

Se vogliamo essere precisi, è ovvio che non sono stato l'unico testimone della Terza guerra mondiale. Qualche ufficiale di alto grado degli alti comandi della NATO e del Patto di Varsavia, il presidente Reagan, naturalmente, e il signor Gorbaciov, con i loro aiutanti, come anche gli ufficiali dei sottomarini che hanno decodificato gli ordini di lancio e hanno indirizzato i missili sugli obiettivi (zone spopolate dell'Alaska e della Siberia dell'est), tutti costoro erano ben consapevoli che la guerra era stata dichiarata, e che pochi minuti dopo era intervenuto un cessate il fuoco. Io parlo della gente comune: ebbene, devo ancora incontrarne uno che abbia sentito parlare di una Terza guerra mondiale. Ogni volta che faccio un accenno alla guerra la gente mi fissa incredula. Diversi genitori hanno ritirato i propri bambini dalla mia clinica pediatrica, evidentemente preoccupati per la mia salute mentale. Proprio ieri una mamma a cui avevo casualmente fatto cenno della guerra ha telefonato a mia moglie per esprimerle la sua preoccupazione. Ma anche Susan, come tutti gli altri, ha dimenticato la guerra, nonostante le abbia fatto vedere le registrazioni della ABC, della NBC e della CNN del 27 gennaio, che annunciano effettivamente l'inizio della Terza guerra mondiale.

Il fatto che io sia l'unico ad aver appreso della guerra mi sembra da mettere in relazione con le strane caratteristiche della terza presidenza Reagan. Non è esagerato dire che gli Stati Uniti e gran parte del mondo occidentale, quando nel 1989 il vecchio attore si era ritirato in California dopo l'inizio del mandato del suo sfortunato successore, avevano sofferto acutamente la mancanza del personaggio. Il moltiplicarsi dei problemi sulla scena mondiale (la nuova crisi dell'energia, il secondo conflitto IranIrak, la destabilizzazione nelle repubbliche sovietiche dell'Asia, e negli Stati Uniti la preoccupante alleanza tra l'Islam e il femminismo militante) aveva creato una grande nostalgia per gli anni di Reagan. Tutti ricordavano con simpatia le sue gaffe e i piccoli gesti che rivelavano la sua inettitudine, quel suo indulgere a guardare la TV sdraiato sul divano invece di occuparsi di questioni più importanti (un'abitudine condivisa peraltro dai suoi elettori), quel confondere la realtà con i brandelli di ricordi dei film della sua giovinezza.

I turisti si raccoglievano a centinaia fuori dai cancelli del suo ritiro a Bel Air, e ogni tanto l'ex presidente usciva con passo malfermo e posava per loro sulla veranda. Qui, imbeccato da una Nancy sempre lucida, articolava qualche piacevole banalità che faceva venire le lacrime agli occhi ai suoi ascoltatori, e sollevava tanto i loro cuori quanto il mercato mondiale. Quando la presidenza del suo successore giunse al termine nel modo tragico che sappiamo, entrambi i rami del parlamento approvarono senza difficoltà l'emendamento costituzionale che aboliva l'impossibilità di più di due elezioni per la stessa persona: con l'esplicito scopo di permettere a Reagan di potersi insediare per la terza volta alla Casa Bianca.

Nel gennaio 1993, più di un milione di persone si raccolse nelle strade di Washington per salutare il suo corteo inaugurale, mentre il resto del mondo lo guardava alla televisione. Se i tubi catodici potessero piangere, quella volta certamente l'avrebbero fatto.

E tuttavia qualche dubbio rimaneva, perché le grandi crisi politiche mondiali si rifiutavano ostinatamente di arrendersi, anche davanti al sorriso accattivante del vecchio presidente. La guerra IranIrak minacciava di coinvolgere la Turchia e l'Afghanistan. Sfidando il Cremlino, le repubbliche baltiche dell'URSS andavano formando milizie armate autonome. Yves SaintLaurent aveva disegnato il primo chador per le femministe islamizzate degli uffici alla moda di Manhattan, Londra e Parigi. Ce l'avrebbe fatta la presidenza Reagan, con un mondo in cui tutto andava così storto?
Dopo aver visto il presidente in televisione, il mio socio (medico anch'egli) e io ne dubitavamo seriamente. A quel tempo, nell'estate del 1994, Ronald Reagan aveva ottantatré anni, e mostrava tutti i segni di un'avanzata senilità. Come molte persone anziane disponeva, in una giornata, di pochi minuti di relativa lucidità, durante i quali poteva pronunciare qualche frase sentenziosa, e il resto scorreva in un vitreo crepuscolo. I suoi occhi erano troppo malconci per leggere il gobbo, ma i suoi assistenti avevano approfittato dell'apparecchio acustico che il presidente aveva sempre portato per inserire un microscopico microfono, cosicché nei suoi discorsi egli poteva ripetere come uno scolaretto tutto quello che gli arrivava nell'auricolare. Le pause venivano cancellate nell'edizione televisiva, ma gli inconvenienti del controllo a distanza saltarono fuori una volta che il presidente, in un incontro con le Madri cattoliche d'America, arringò le arcigne signore ripetendo quello che stava dicendo fuori scena un tecnico audio: «Muovi il culo, che devo andare a pisciare».
Guardando questa figura da robot, con i suoi sorrisi allucinati e le sue smorfie da sciocco, qualcuno cominciava a chiedersi se il presidente avesse ancora la testa a posto, o addirittura se fosse davvero vivo. Per rassicurare il pubblico degli americani, nervosi e spiazzati da un mercato in declino e dalle notizie dell'insurrezione armata in Ucraina, i medici della Casa Bianca a un certo punto cominciarono a diffondere una serie di regolari bollettini sulla salute del presidente. Un gruppo di specialisti del Walter Reed Hospital annunciarono alla nazione che Reagan aveva la forma fisica e la vivacità mentale di un uomo con quindici anni di meno. I dati particolareggiati sulla sua pressione sanguigna, sul conteggio dei globuli bianchi e rossi, sul battito cardiaco e la respirazione, vennero diffusi in tutti i notiziari TV ed ebbero un immediato effetto calmante. Il giorno seguente il mercato mondiale ebbe una memorabile impennata, i tassi d'interesse precipitarono, e il signor Gorbaciov fu in grado di annunciare che i separatisti ucraini avevano attenuato le loro richieste.
Per sfruttare il vantaggio di questa imprevedibile stabilizzazione politica collegata alla funzionalità fisica del presidente, lo staff della Casa Bianca decise di dare ai bollettini medici una cadenza settimanale. Wall Street rispose positivamente, e i sondaggi d'opinione mostrarono addirittura una forte ripresa del Partito repubblicano in quanto tale. All'epoca delle elezioni per il Congresso di metà legislatura, i bollettini medici vennero diffusi giornalmente, e i candidati repubblicani ottennero la maggioranza sia alla Camera sia al Senato, grazie alle buone notizie sugli intestini del presidente diffuse alla vigilia del voto.
Da quel momento in poi il pubblico americano è stato investito da un flusso continuo di informazioni sulla salute del presidente. Una serie di edizioni successive lungo tutta la giornata rendeva conto ai telespettatori degli effetti collaterali di un lieve raffreddore o dei benefici sulla circolazione di un tuffo nella piscina della Casa Bianca. Ricordo bene la vigilia di Natale: mia moglie preparava il cenone e io guardavo il telegiornale, notando che i particolari sulla salute del presidente occupavano cinque delle sei notizie principali.
«Allora lo zucchero nel sangue è un po' diminuito», osservò mia moglie mentre apparecchiava la tavola. «Buone notizie per la Quaker Oats e la Pepsi».
«Davvero? Ma che diavolo di rapporto ci può essere?»
«C'è, c'è, più di quello che pensi». Lei si sedette sul sofà vicino a me, col macinino del pepe in mano. «Dobbiamo aspettare l'ultima analisi delle urine. Potrebbe essere decisiva».
«Tesoro, quello che succede al confine del Pakistan potrebbe essere decisivo. Gorbaciov ha minacciato un attacco preventivo contro le zone controllate dai ribelli. Gli Stati Uniti hanno firmato un trattato che comporta degli obblighi, in teoria la guerra potrebbe..». «Sss...». Susan mi diede un colpetto sul ginocchio col macinino del pepe. «Gli hanno appena fatto un Inventario di personalità Eysenck... il vecchietto ha totalizzato il massimo dei punti nella risonanza emotiva e nella capacità di relazione. Tenendo conto di fattori correttivi per l'età, dicono... non so bene che cosa voglia dire».
«Vuol dire che praticamente è un relitto umano». Io stavo per cambiare canale, sperando di vedere qualcosa sui veri guai che c'erano in giro per il mondo, ma nella parte inferiore dello schermo era apparsa una strana figura, una specie di decorazione natalizia, pensavo io, come il profilo di un agrifoglio stilizzato. L'onda si spostava ritmicamente da sinistra a destra, mentre in sottofondo si sentiva la melodia ipnotica e nostalgica di Bianco Natale. «Dio santo..». sussurrò Susan timorosa. «È il battito di Ronnie. Hai sentito l'annunciatore? "In diretta dal cuore del presidente."»
Questo fu solo l'inizio. Nelle settimane seguenti, grazie al miracolo della radiotelemetria, gli schermi televisivi di tutta la nazione divennero un tabellone che registrava ogni particolare delle funzioni fisiche e mentali del presidente. Il battito del suo cuore si snodava ardito e un po' tremolante nella banda inferiore dello schermo, mentre sopra di esso i telecronisti si dilungavano sui suoi esercizi fisici quotidiani, sugli otto metri e mezzo che aveva percorso nel giardino delle rose, sul bilancio calorico del suo modesto pranzo, sui risultati dell'ultima analisi cerebrale, sui dati dell'attività dei suoi reni, del suo fegato e dei suoi polmoni. E poi una quantità infernale di test di personalità e di misurazioni del QI, tutti destinati a rassicurare gli americani che l'uomo alla guida del mondo libero era più che preparato a far fronte agli immani compiti che incombevano sulla scrivania dello studio ovale.
A tutti gli scopi pratici, come cercavo di spiegare a Susan, il presidente era poco più che un cadavere collegato a un impianto di amplificazione. Io e i miei colleghi della clinica pediatrica eravamo ben consapevoli della dura prova a cui si sottoponeva il vecchio con quella sfilza di test. Ma lo staff della Casa Bianca sapeva bene che gli americani erano ipnotizzati dallo spettacolo del battito cardiaco del presidente. La linea adesso scorreva sotto tutti i programmi, accompagnava le commedie leggere, le partite di basket e i vecchi film sullaseconda guerra mondiale. Quel battito accelerato a volte si accompagnava misteriosamente bene con le risposte emotive del pubblico, indicando che il presidente stesso stava guardando gli stessi film di guerra, compresi quelli in cui aveva recitato.
Per rendere più completa l'identificazione fra il presidente, il pubblico e gli schermi televisivi  un obiettivo che i suoi consiglieri politici avevano vagheggiato a lungo  lo staff presidenziale si diede da fare per ampliare il ventaglio delle informazioni da diffondere. Ben presto un terzo degli schermi televisivi della nazione furono occupati da grafici del battito cardiaco e della pressione sanguigna e da elettroencefalogrammi.
Scoppiò qualche timida polemica quando fu chiaro che in questi ultimi predominavano le onde delta, confermando l'ipotesi da tempo avanzata che il presidente dormisse la maggior parte della giornata. La gente comunque aveva sempre un brivido quando Reagan entrava nel sonno REM, e il sonno della nazione coincideva con quello del capo del suo esecutivo.
Indifferenti a questa alluvione di informazioni mediche, gli eventi nel mondo reale continuavano a scendere per la loro china pericolosa. Compravo tutti i giornali che riuscivo a trovare, ma le pagine erano dominate dai grafici sui bollettini sanitari di Reagan e dagli articoli esplicativi sul significato della funzionalità enzimatica del suo fegato o sulla minima variazione, positiva o negativa, della concentrazione delle sue urine. Relegati nelle ultime pagine leggevo brevi rapporti sulla guerra civile nelle repubbliche asiatiche dell'Unione Sovietica, sul tentato colpo di stato filorusso in Pakistan, sull'invasione cinese del Nepal, sulla mobilitazione dei riservisti nella NATO e nel Patto di Varsavia, sul rafforzamento della Quinta e della Settima flotta USA.
Questi eventi minacciosi, e la probabilità di una Terza guerra mondiale, coincisero per sfortuna con un leggero peggioramento della salute del presidente. Il banale raffreddore attaccato a Reagan da un nipotino che gli aveva fatto visita il 20 gennaio spazzò via dai televisori tutte le altre notizie. Un esercito di giornalisti e di cameraman si accampò davanti alla Casa Bianca, mentre una task force di specialisti provenienti dai maggiori istituti di ricerca del paese occupò tutti i canali rilasciando dichiarazioni e fornendo interpretazioni dei dati medici. Come altri cento milioni di americani, Susan trascorse la settimana seguente davanti alla televisione, con gli occhi fissi sul battito cardiaco di Reagan.
«È solo un raffreddore», la rassicurai al mio ritorno dalla clinica il 27 gennaio. «Che notizie ci sono dal Pakistan? Girano voci che i sovietici abbiano paracadutato degli uomini dentro Karachi. La Delta Force si sta muovendo dalla Subik Bay».
«Aspetta, aspetta!» mi zittì agitata, alzando il volume per sentire il giornalista che cominciava a leggere un altro notiziario.
«...ecco un aggiornamento del nostro telegiornale di due minuti fa. Buone notizie dall'ultima analisi TAC del presidente. Non ci sono variazioni anormali della forma o delle dimensioni dei ventricoli del presidente. Per questa notte è prevista una leggera pioggia su tutta la regione di Washington; l'Ottava divisione aerotrasportata ha scambiato dei colpi di arma da fuoco con le pattuglie sovietiche di confine a nord di Kabul. Saremo di nuovo con voi dopo una breve interruzione per un servizio sull'ultimo picco del grafico del lobo temporale sinistro…».
«Ma per amor del cielo, non ha senso!» Strappai il telecomando dalla mano contratta di Susan e cominciai a girare tutti i canali. «Cos'ha combinato la flotta russa del Baltico? Il Cremlino sta esercitando una contropressione sul fianco settentrionale della NATO. Gli Stati Uniti devono dare una risposta...».
Per puro caso riuscii a trovare un giornalista famoso che stava concludendo un notiziario. Si rivolgeva confidenzialmente al pubblico, ammiccando, mentre la sua fascinosa collega aveva il sorriso incollato alla bocca.
«...alle 5.05 ora standard orientale la pressione cranica interna del presidente Reagan è soddisfacente. Le funzioni motorie e intellettive sono nella normalità per un uomo dell'età del presidente. Ripeto, le funzioni motorie e intellettive sono nella normalità. C'è un flash che è arrivato in questo momento. Alle 2.35 ora locale il presidente Reagan ha compiuto un movimento intestinale, con esito soddisfacente». Il telecronista si volse verso la sua compagna. «Barbara, c'è una notizia analoga riguardo a Nancy, credo?»
«Grazie, Dan», lei prese la parola con disinvoltura. «Sì, esattamente un'ora più tardi, alle 3.35 ora locale, Nancy ha avuto il suo movimento intestinale, il secondo della giornata; e questo è tutto per quanto riguarda le notizie sulla Prima Famiglia». Diede un'occhiata a una striscia di carta che era scivolata sul suo tavolo. «Il traffico in Pennsylvania Avenue si sta facendo di nuovo più intenso, mentre gli F16 della Sesta flotta hanno abbattuto sette Mig29 sopra lo stretto di Bering. La pressione sanguigna del presidente è a 100 su 60. L'elettrocardiogramma mostra un leggero tremore a sinistra..».
«Tremore a sinistra..». ripeté Susan, con i pugni stretti. «Non sarà una cosa seria?»
Picchiettai il telecomando. «Può essere. Forse sta pensando che presto dovrà schiacciare il bottone nucleare. Oppure..».
Mi era venuta in mente una possibilità ancora più agghiacciante. Mi buttai nel marasma dei telegiornali in concorrenza l'uno con l'altro sperando di distrarre Susan, mentre spiavo il cielo notturno sopra Washington. La flotta sovietica incrociava a 700 chilometri al largo della costa orientale degli Stati Uniti. Presto sul Pentagono sarebbero sorte delle nubi a forma di fungo.
«...si ha notizia di una leggera disfunzione pituitaria, a proposito della quale i medici del presidente hanno espresso una moderata preoccupazione. Ripeto, una moderata preoccupazione. Il presidente ha convocato il Consiglio di sicurezza nazionale circa mezz'ora fa. Il quartier generale del SAC a Omaha, Nebraska, informa che tutte le squadre di attacco dei B52 si sono levate in volo. Ecco, mi portano ora l'ultimo bollettino dell'Unità oncologica della Casa Bianca. È stata effettuata una biopsia di un tumore benigno della pelle alle 4.15 ora di Washington...».
«...i medici del presidente hanno nuovamente espresso la loro preoccupazione per la calcificazione delle arterie di Reagan e per l'indurimento delle sue valvole cardiache. Si prevede che l'uragano Clara eviterà Puerto Rico. Il presidente ha invocato l'Emergency War Powers Act. Dopo l'interruzione avremo altre analisi di esperti sull'amnesia retrograda di Reagan. Come ricorderete, questa situazione può far pensare a una sospetta sindrome di Korsakov…».
«...impedimento psicomotorio, distorsione del senso del tempo, cambiamenti nella percezione dei colori e vertigini. Il presidente lamenta anche una crescente percezione di odori fastidiosi. Vi do ancora qualche notizia arrivata in questo istante: stanno imperversando bufere sul Midwest, e adesso c'è stato di guerra fra Stati Uniti e Unione Sovietica. Rimanete sintonizzati su questo canale perché tra breve vi daremo un aggiornamento completo sul metabolismo del cervello del presidente...».
«Ci siamo, è la guerra», dissi a Susan, e la abbracciai. Ma lei stava guardando sullo schermo la traccia erratica del cuore. Il presidente aveva avuto un attacco di pazzia scatenando i missili nucleari sui russi? I bollettini medici martellanti erano un abile camuffamento per impedire al pubblico televisivo di reagire in modo disperato all'emergenza nazionale? I missili russi avrebbero impiegato pochi minuti a raggiungere Washington: guardavo ancora il tranquillo cielo invernale. Tenendo fra le braccia Susan, ascoltavo la cacofonia dei bollettini medici, fino a che circa quattro minuti più tardi, sentii:
«...i medici del presidente parlano di pupille dilatate e di tremore convulsivo, ma i sistemi di sostegno neurochimico funzionano in modo soddisfacente. Il metabolismo cerebrale del presidente rivela un'accresciuta produzione di glucosio. Sono previste tempeste di neve, questa notte, in diverse località, e fra Stati Uniti e Unione Sovietica è stato raggiunto un accordo per la cessazione delle ostilità. Dopo il break, gli esperti commenteranno l'ultimo attacco di flatulenza del presidente, e ci diranno come mai la palpebra sinistra di Nancy ha avuto bisogno di un'operazione di ripiegatura...»..
Spensi la televisione e appoggiai la schiena al divano in quello strano silenzio. Un piccolo elicottero stava sorvolando il cielo grigio di Washington. Come se stessi facendo una riflessione, dissi a Susan: «A proposito: la Terza guerra mondiale è finita proprio adesso».
Susan, naturalmente, non aveva idea che la guerra fosse neppure cominciata: e l'ignoranza era comune a tutti, come avrei avuto modo di verificare nelle settimane seguenti. La maggior parte della gente aveva conservato solo un vago ricordo di una certa instabilità nel Medio Oriente. La notizia che le bombe nucleari erano cadute sulle montagne deserte dell'Alaska e nella Siberia orientale si era persa nel torrente di bollettini medici sul ricovero del presidente Reagan in seguito a raffreddore.
Nella seconda settimana di febbraio del 1995 lo vidi in televisione mentre presiedeva a una cerimonia della Legione americana nel prato della Casa Bianca. Il suo volto d'avorio, segnato dall'età, era atteggiato a una smorfia amichevole e familiare, gli occhi senza espressione: stava in piedi sostenuto da due aiutanti, con la onnipresente First Lady ben dritta accanto a lui come se avesse ingoiato un manico di scopa. Da qualche parte sotto l'imponente soprabito nero i sensori radiotelemetrici trasmettevano le registrazioni in diretta della pulsazione, della respirazione e della pressione sanguigna, che vedevamo sui nostri schermi. Immaginai che anche il presidente si fosse dimenticato di aver scatenato, poco tempo prima, la Terza guerra mondiale. Dopo tutto, non c'erano stati morti, e per il pubblico l'unica possibile vittima di quelle ore angosciose sarebbe stato lo stesso Reagan, se la sua lotta contro il raffreddore non avesse avuto successo.
Nel frattempo, il mondo era diventato un posto più sicuro. Il rapido scambio nucleare era servito come avvertimento per tutte le fazioni in lotta sulla faccia del pianeta. I movimenti secessionisti in Unione Sovietica si erano dissolti, in altre zone gli eserciti di invasione si erano ritirati dietro le frontiere. Avrei quasi creduto che la Terza guerra mondiale fosse stata concordata fra il Cremlino e lo staff della Casa Bianca come strumento per ristabilire la pace, e che il raffreddore di Reagan fosse stato soltanto un diversivo, una trappola in cui i giornali e la televisione erano caduti senza accorgersene.
Come un omaggio alle capacità di recupero del presidente, i diagrammi delle sue funzioni epatiche si snodavano ancora sui nostri schermi televisivi. Mentre salutava i veterani della Legione americana raccolti attorno a lui, sentivo la pulsazione collettiva del pubblico che accelerava all'unisono col cuore del vecchio attore mentre rispondeva allo sguardo commosso di quegli uomini in marcia.
Poi notai, tra quelli che portavano la medaglia d'onore, un giovane arruffato con un'uniforme scalcinata che non stava marciando al passo con i suoi compagni più vecchi. Si fece strada in mezzo alle file in marcia e tirò fuori dal cappotto una pistola. Ci fu un attimo di confusione mentre le guardie del corpo si stringevano attorno al podio. La telecamera oscillò per seguire il giovane che si lanciava sul presidente. Al di sopra della melodia tremolante della banda si sentì il rumore degli spari. In mezzo al panico degli uomini in uniforme il presidente sembrò cadere tra le braccia della First Lady, poi venne rapidamente portato via.
Guardando i diagrammi al bordo dello schermo televisivo, mi accorsi che la pressione sanguigna del presidente era crollata. La pulsazione irregolare si era livellata, ora era una linea orizzontale ininterrotta, e ogni funzione respiratoria era cessata.
Solo una decina di minuti più tardi, quando i telegiornali diedero la notizia del fallito attentato, le tracce ripresero il loro aspetto tranquillizzante.
Il presidente era morto, forse per la seconda volta? Ma era stato mai davvero vivo, nel pieno senso della parola, durante la sua terza presidenza? E qualche suo spettro animato, ricostruito con i grafici biomedici che scorrono ancora sui nostri teleschermi, non continuerà a governare per altre presidenze, a scatenare una Quarta e una Quinta guerra mondiale, e le storie segrete di queste guerre non svaniranno negli interstizi della programmazione televisiva, perdute per sempre dentro l'ultima analisi delle urine, dentro l'ultima grande biopsia nel cielo?

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